Versamenti delle Imposte

Carte di debito aziendali: caratteristiche ai fini della esenzione

L’Agenzia delle Entrate con l'interpello della Dre Lombardia n 318/2025 non innova rispetto alle indicazioni della risposta a interpello 5/2025, ma delimita ulteriormente il perimetro di riferimento per la esenzione dalle imposte di questo strumento di wellfare aziendale.

Carte di debito nel welfare aziendale: la posizione dell’Agenzia

Nel contesto dei piani di welfare aziendale, molte aziende cercano strumenti agili per distribuire beni e servizi ai dipendenti. 

Tra questi strumenti figurano sempre più spesso carte prepagate o di debito.

Ma possono essere considerate “documenti di legittimazione” ai sensi dell’art. 51, comma 3, del TUIR, e quindi non soggette a tassazione? 

A questa domanda risponde la Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 904-318/2025.

Il soggetto istante ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se l’utilizzo di una carta di debito, spendibile tramite POS, emessa da un provider specializzato, possa essere equiparato ad altri strumenti riconosciuti dal legislatore come esenti da tassazione.

In particolare, la carta proposta nel caso di specie:

  • è ricaricata dal datore di lavoro;
  • è spendibile per l’acquisto di beni e servizi in un circuito di esercenti convenzionati;
  • non consente prelievi di contanti né trasferimenti di denaro;
  • è utilizzabile solo sul territorio italiano.

L'agenzia ricorda che l’articolo 51 del TUIR disciplina la determinazione del reddito di lavoro dipendente e, al comma 3, stabilisce che non concorrono a formare il reddito «le somministrazioni di beni e servizi riconosciute dal datore di lavoro attraverso documenti di legittimazione, che non danno diritto al rimborso in denaro».

Sono considerati validi documenti di legittimazione, ad esempio, i buoni pasto, le gift card e altri strumenti che garantiscono un uso vincolato a specifici beni o servizi, in una rete predeterminata di fornitori.

La Direzione Regionale Lombardia ha respinto la richiesta dell’interpellante, chiarendo che la carta proposta non soddisfa i requisiti per l’esenzione. I motivi principali sono:

  • rete di esercenti non sufficientemente delimitata: pur essendo composta da soggetti convenzionati, la rete appare estesa e difficilmente controllabile.
  • possibilità di utilizzo assimilabile alla moneta elettronica: anche se non prevede prelievi, la carta ha un funzionamento simile a quello di una carta bancaria, utilizzabile presso un’ampia platea di esercizi.
  • assenza di un marchio identificativo univoco: secondo l’Agenzia, è necessario che i punti vendita aderenti al circuito siano chiaramente riconoscibili, ad esempio, tramite un marchio commerciale ben visibile.

I benefit erogati con tale carta, replica l'Agenzia, non possono essere considerati “documenti di legittimazione”, e le relative somme sono da assoggettare a tassazione ordinaria.

Dall'interpello si evince che per strutturare correttamente un piano di welfare con strumenti fiscalmente esenti:

  • verificare che lo strumento non dia accesso a denaro liquido o bonifici;
  • limitare l’utilizzo a una rete chiusa di fornitori, vincolati da contratto;
  • garantire la tracciabilità e la rendicontazione delle spese;
  • adottare un sistema identificabile, ad esempio con logo o marchio riconoscibile;
  • acquisire documentazione ufficiale dal fornitore sulla conformità del servizio.

La risposta 904-318/2025 conferma l’approccio prudenziale dell’Agenzia delle Entrate verso gli strumenti “ibridi” nel welfare aziendale. 

Le carte di debito – anche se ricaricate dal datore di lavoro e utilizzabili in ambiti specifici – possono essere assimilate a mezzi di pagamento, e quindi considerate retribuzione in natura, salvo precisi vincoli.

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